TISCALI ANIMALI
16 NOVEMBRE 2007
Eutanasia per gli animali? No, hanno diritto di vivere
Oscar Grazioli
"Se deve soffrire preferisco una punturina". Quante volte me lo sono sentito dire. La "punturina" immagino abbiate già capito cos'è. Tecnicamente si chiama eutanasia o soppressione. Sia chiaro, considero l'eutanasia un supremo atto d'amore nei confronti di chi, senza poterlo capire e senza potere esprimere appieno i propri sentimenti, ha davanti soltanto una sofferenza incontenibile, senza alcuna speranza di guarigione o remissione della malattia.
Personalmente sono peraltro favorevole, anche in campo umano, alla libertà di scegliersi il proprio destino. Rispetto chi è contrario a staccare la spina, ma questo mi va bene se si tratta della sua. Per quanto riguarda la mia voglio decidere io.
I nostri animali non possono decidere, esattamente come chi versa in uno stato di coma o di incoscienza. Siamo noi a dovere decidere per loro e troppo spesso mi accorgo che il dolore viene parametrato in modo diverso se applicato all'uomo o all'animale. Un familiare o un amico che viene colpito dal cancro, viene capito e sostenuto durante le terapie che si mettono in atto per farlo guarire o permettergli di allungare le proprie aspettative di vita. La sofferenza, i disagi, la grave depressione che consegue ad una malattia sempre impegnativa e purtroppo talvolta fatale, sono perfettamente compresi, a maggior ragione se si tratta di malattie che magari implicano fasi terapeutiche dolorose, ma con ottime possibilità di guarigione. Conosco una donna di 36 anni che, a causa di una rara malattia, ha già subito 18 interventi chirurgici e tuttavia ha un marito e dei figli che la amano e tanti parenti e amici che la sostengono. E quando la vedo sorride sempre.
Quando entra in crisi seria il cane, il gatto, il coniglietto nano o il criceto "se deve soffrire, meglio la punturina". Solo a sfiorare l'argomento "tumore" o "chemioterapia" per un cane o un gatto, un'elevatissima percentuale di proprietari invoca già l'eutanasia. E spesso, non si convincono neanche mettendoli a conoscenza che i chemioterapici, come d'altronde il cortisone, sono molto meglio tollerati, dal cane e dal gatto, rispetto all'uomo.
Il linfoma, uno dei tumori più frequenti del gatto, può essere ben curato con un'iniezione ogni tre settimane e qualche pastiglia a casa, senza effetti collaterali drammatici e con qualche controllo del sangue, a costi assolutamente accettabili. Certo, il gatto non guarisce, ma gli si può dare fino ad un anno e mezzo di ottima vita. "Solo un anno? No, no, dottore. Se deve soffrire, per avere un anno di vita, meglio la puntura". Già, un anno di vita. Forse poco per noi, ma per lui? Noi siamo abituati a parametrare il tempo secondo i nostri ritmi, ma l'anno di un gatto, per la sua percezione del tempo, equivale a sette dei nostri. Vorrei conoscere qualcuno che, colpito da un tumore, rifiutasse una cura che gli permette una vita pressoché normale per almeno sette anni.