LA SOLUZIONE DELLA CRISI ECONOMICA? ABOLIRE LA CARNE
Franco Libero Manco
Associazione Vegetariana Animalista
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Negli ultimi tempi la crisi economica è il problema più sentito e dibattuto sia a livello personale che istituzionale. Ma la fame, quella vera, riguarda specialmente i paesi emergenti: l’Egitto, il Marocco, l’Indonesia, Haiti, la Nigeria, il Senegal, Camerun, costa d’Avorio ecc. Attualmente sono 37 i paesi più colpiti dalla crisi alimentare provocata da un improvviso rincaro dei prezzi delle derrate alimentari. Ad Haiti, il paese più povero del continente americano il prezzo di un sacco di riso è passato da 35 a 70 dollari in meno di una settimana e in Mauritania la situazione è ancora più drammatica.
In questa allarmante situazione non vi è politico, ente, organismo che non esterni le sue preoccupazioni per le prevedibili conseguenze future anche sulla economia reale del nostro paese. Come non c’è persona nota al pubblico che non inviti a ridurre gli sprechi, l’inquinamento, a far uso dei mezzi pubblici, a ridurre il consumo dei carburanti per il riscaldamento, a isolare termicamente la casa e ad installare pannelli solari in modo da utilizzare energia alternativa, a non sprecare acqua potabile e così via. Mai che si parli apertamente della causa maggiore che determina spreco di risorse umane e finanziarie e che se abolita potrebbe arginare la condizione finanziaria di molte famiglie che con lo stipendio non riescono ad arrivare a fine mese: quello di eliminare la carne dalla mensa degli umani. Questo occultamento di verità dimostra quanto l’opinione pubblica sia fagocitata dai mezzi di informazione tramite medici compiacenti, nutrizionisti manovrati e svampite presentatrici di turno (che assecondano e favoriscono gli istinti più cruenti e primitivi degli umani) al servizio delle multinazionali agrozootecniche, petrolifere e chimico-farmaceutiche le quali hanno imposto, a suon di bigliettoni, l’assoluto silenzio sui danni economici (e non solo) del consumo della carne: la parola d’ordine è non nominare mai la carne e derivati animali come responsabili della crisi alimentare e dell’inquinamento del pianeta. Analogo discorso è per pesce il cui consumo è raccomandato con insistenza maniacale per il suo contenuto di Omega 3, reperibile in abbondanza in modo molto più economico e senza effetti collaterali, nel mondo vegetale senza correre il rischio di ingerire le tossine e metalli pesanti troppo spesso presenti negli animali marini. E che importa se, come ha affermato di recente la FAO, “Il 75% delle riserve mondiali di pesce è già stato completamente sovrasfruttato o esaurito”. E che importa se la gente muore di fame, di malattie e se l’ambiente viene avvelenato e le foreste distrutte per produrre carne: l’importante è non urtare gli interessi delle grandi consorterie di macellai, dei pescivendoli e delle lobby chimiche.
Eppure è conosciuto da tutti il grande spreco di risorse necessario per produrre la carne che oltre ad essere dannosa per l’organismo umano contribuisce notevolmente ad aggravare la situazione finanziaria e quella ambientale. Tutti sanno che per produrre un solo chilo di carne di manzo sono necessari circa: 15 kg di cereali, 50.000 litri di acqua, 1,5 litri di petrolio e occorre sacrificare ben 12 mq di foresta, senza contare l’iperbolica cifra necessaria a curare le malattie dovuto alla carne (infarto, ictus, arteriosclerosi, ipertensione, diabete, cancro …) Non c’è prodotto nell’universo economicamente più dispendioso, eticamente più inaccettabile, ecologicamente più inquinante, salutisticamente più dannoso.
Ultimamente sono stato ad un supermercato dove tra i vari scaffali non manca quello di macelleria dove un solo kg di carne di vitello costa 20 euro. Ebbene, con la cifra di 20 euro al posto un solo kg di carne ho potuto acquistare: 1 kg di : ceci (3 euro), 1 kg di noci (3 euro), 1 kg di pane (2,5 euro), 1 kg di pasta (2 euro), 1 kg di cicoria (1,5 euro), 1 kg di insalata (1,5 euro), 1 kg di frutta (1,5 euro), 1 kg di patate (1 euro) e 1 litro di olio (4 euro). Con questi quantitativi mi sono assicurato non solo il sostentamento alimentare per quasi una settimana ma anche tutti i nutrienti necessari per una dieta sana e completa di: minerali, vitamine, zuccheri, grassi proteine, oligoelementi, enzimi, acqua biologica; mentre se avessi acquistato un kg di carne (tradotto in 5 bistecche) avrei potuto consumare 5 malsani pseudo secondi (senza contorno) di bassissimo contenuto nutrizionale e quindi dannosi per il mio organismo.
La spesa pubblica che maggiormente incide sulle finanze familiari è certamente quella sanitaria. In Italia il 75% della spesa sanitaria è assorbita dalle cure per neutralizzare gli effetti della cattiva alimentazione. Quindi con un’alimentazione più sana che escluda i prodotti che causano malattie, la popolazione potrebbe non solo usufruire di una fetta considerevole di fondi ora assorbiti dalle cure mediche ma disporre di un quantitativo maggiore di sostanze alimentari. Più cibo sbagliato più malattie, più malattie più spese mediche e quindi meno soldi per la spesa.
Ora la domanda è la seguente: per quale assurdo e irresponsabile motivo la massaia preferisce un chilo di carne a: 1 kg di ceci, 1 kg di noci, 1 kg di pane, 1 kg di pasta, 1 kg di cicoria, un 1 kg di insalata, 1 kg di frutta, 1 kg di patate e 1 litro di olio?
E ancora. Non è forse un crimine tacere capziosamente sulla soluzione del problema e soprattutto favorirne la causa spingendo la popolazione a consumare prodotti nocivi per la salute, per l’ambiente e per l’economia?
In questa vera quanto paradossale situazione economica a mio avviso è come se uno si lamentasse di non avere abbastanza soldi per scorazzare con la sua Ferrari mentre i fondi a sua disposizione sarebbero sufficienti per sopperire alle stesse possibilità ad un costo 10 volte inferiore utilizzando una comune utilitaria.
E dal momento che la carne non è necessaria al nostro organismo, anzi come ho detto può causare malattie anche mortali, chi con scarsità di mezzi si ostina a voler consumare tale prodotto, per il solo piacere del palato, merita, a mio avviso, di subire gli effetti della crisi economica.